Alcatraz. L’isola situata nella baia di San Francisco è diventata famosa per ospitare la storica prigione di massima sicurezza che ha ispirato il film con il celeberrimo Clint Eastwood, nel quale recitava il ruolo dell’evaso che riesce in modo rocambolesco e machiavellico a evadere da quella che era ritenuta una vera e propria fortezza. In questo film Clint Eastwood utilizzò però una sola espressione: quella senza sigaro. Quella con il sigaro era riservata ai western di Sergio Leone. In questi ultimi anni però ho collegato molto più spesso il nome di Alcatraz ad un luogo diverso, situato sulle colline vicino a Perugia. La libera Università di Alcatraz di Jacopo Fo. Un luogo su cui avevo sentito tante leggende e dicerie. Una comune dove girano persone strane, con idee strane, che fanno cose strane, che consumano cose strane, che se sono vestite lo sono in modo strano … Più ne sentivo più ero curioso. Finché un giorno …
… mia moglie via per motivi di lavoro, i figli a casa di amichetti a giocare al pallone, io da solo con due alternative: guardare la TV sul divano alla Homer Simpson o inventarmi qualcosa di diverso. Ho scelto la seconda e sono salito in auto. Contrariamente a Clint Eastwood evado verso Alcatraz. Avevo già dato vita a questo blog e mi sono posto un obiettivo: incontrare e intervistare Jacopo Fo. Personaggio tra i più eclettici e tra i più attivi a favore dell’ambiente.
Salgo in macchina alimentata a metano e imbocco la E45. Dopo pochi minuti di tragitto esco dalla super strada: uscita CASA DEL DIAVOLO, frazione di Perugia. Imbocco la strada per la località Santa Cristina e curva dopo curva uno spettacolo davanti ai miei occhi. Pochissime case intorno, solo campi e colline. E’ primavera e i colori bellissimi. Il giallo delle ginestre, il verde dei campi, l’azzurro del cielo. Non ci sono rumori. Qualche animale attraversa la strada, gli uccelli volano meglio di aeroplani, cambiano le prospettive al mondo, traiettorie imprevedibili, codici di geometria esistenziale (senti canzone Battiato). Seguo cartelli che indicano Alcatraz. Sono in aperta campagna. Mi sento un po’ come Roberto Benigni e Massimo Troisi a Frittole in Non ci resta che piangere.
Alla fine arrivo in un luogo in mezzo alla pace più completa. Un’insegna stile ranch riporta la scritta ALCATRAZ. Sono arrivato. Vado a passo d’uomo lungo una strada bianca costeggiata da sculture che raffigurano personaggi di fantasia e non, coloratissime. Mettono allegria. Cartelli stradali di legno indicano: ECO VILLAGGIO, PISCINA, RISTORANTE, PARCHEGGIO. Si vedono pannelli fotovoltaici. Parcheggio lungo una discesa. Scendo e incontro persone che non conosco ma che serene accennano tutte a un saluto. Mi sento a mio agio ma non capisco dove sono o meglio non so cosa sia il luogo dove sono arrivato. Dopo due passi verso il bar ristorante vedo un uomo alto, capelli e barba grigi. Mi saluta. E’ Jacopo. Titubo. Ma mi presento. “Salve Jacopo. Mi chiamo Davide, ho un blog dedicato all’ecologia. Vorrei intervistarti. Posso prendere un appuntamento?” “ Certo!” è la risposta. “Mi spiace che adesso non posso perché devo scappare ma ti invito a cena con la tua famiglia”. Lo ringrazio e mi bevo un succo di frutta biologico al bar. Mi godo il panorama umbro e mi godo la voce del silenzio della natura. Mi sento libero.
Dopo qualche settimana sono nuovamente ad Alcatraz, con la mia famiglia, all’ora di cena. Incontriamo Jacopo che ci invita a sedere con lui. Mentre noi ci sediamo lui chiama all’adunata tutti gli altri ospiti: “Bella genteeee … La cena è pronta! Venite!”. Tutte le persone vanno verso un buffet con cibi semplici, biologici, genuini. Acqua in brocca. Ognuno si serve da sé. Tutti si siedono su lunghi tavoloni stile sagra. Dove capita. Si parla con i vicini di posto. Una bella atmosfera. Io inizio a fare domande a Jacopo …
Tra qualche giorno pubblicherò il contenuto della chiacchierata …